IL MIO ROMANZO...

19 luglio 2012

CAPITOLO 3


CAPITOLO 3
Dall'altra parte
  • Controllo della mente? - Elisabeth avrebbe riso, se solo si fosse ricordata come si faceva. - Credevi fosse così facile?
  • Io... - Roby si sentì uno stupido. - Non so cosa credere. Non so che fare.
    Cercò di distogliere lo sguardo da lei, ma era difficile guardare in un'altra direzione, quando intorno a te c'era solo il nulla.
    Non aveva mai visto quel posto, ma Roby avrebbe detto di trovarsi in un tramonto sul mare: il pavimento sotto i loro piedi si infrangeva come fosse fatto di acqua; a ogni passo piccoli cerchi concentrici si formavano sotto i piedi nudi. Intorno a loro una distesa infinita di giallo e oro, di rosso e di violetto.
Sospirò. Elisabeth fece qualche passo verso di lui, il lungo abito bianco che scivolava sul pavimento d'argento.
  • Lei sente che siete uguali. E' attratta da te e allo stesso tempo è spaventata. Gli umani non hanno mai avuto effetto su di lei, ma con te è diverso. - Il suo sguardo era triste ora. - Tu devi farla innamorare.
  • Ma io non so come si fa! E lei mi sta evitando. - la sua voce traspariva rabbia e rancore. Perché avevano scelto lui?
  • Non decidiamo il nostro destino.
    Elisabeth rimase in silenzio per un attimo. Era colpa sua. Fanny e Roby stavano pagando per i suoi errori: tutte le sofferenze di sua figlia, erano opera sua.
    Si voltò dall'altra parte, e Roby la sentì inspirare profondamente. - Darai una festa. - annunciò improvvisamente. Lui la guardò con aria interrogativa - Le accadrà qualcosa di terribile. - Elisabeth strinse i pugni e deglutì rumorosamente, come a ricacciare indietro le lacrime. - Non devi mai perderla di vista. Quello sarà il tuo momento.
    Roby si raddrizzò nelle spalle, improvvisamente teso. - Come fai a sapere quello che le accadrà?
    Elisabeth lo guardò negli occhi. Sul suo viso non c'era più traccia di tristezza, come se, in quegli ultimi anni, avesse imparato ad azzerare i suoi sentimenti. - Perché Loro mi ordineranno di farlo succedere.
Roby sentì la fronte imperlarsi di sudore. Guardò la donna di fronte a lui: quel viso che un tempo gli era apparso così perfetto, ora rovinato dal dolore. Provò a immaginare a quale sofferenza doveva essere, venire costretti a causare del male alla propria figlia.
Avvertirono nello stesso istante un suono di passi provenire in lontananza.
Elisabeth si guardò intorno. - Devo andare. Fai quello che devi. - Poi sparì nel nulla.




  • Ancora non so come ho fatto a farmi convincere. - Fanny montò in macchina con espressione corrucciata.
  • Credo di avere un qualche potere magico, davvero. - Giada ingranò la prima facendole l'occhiolino.
    Fanny sbuffò appoggiandosi all'indietro sul sedile.
  • E comunque non voglio prendermi tutto il merito. - Svoltò a destra e imboccò la superstrada che portava fuori città. - Non credo di essere stata io a convincerti.
    Fanny alzò un sopracciglio, voltandosi verso di lei.
  • Credo che abbia influito molto una motivazione terribilmente sexy dai capelli biondi e gli occhi blu. - Giada le sorrise allusiva.
  • I suoi occhi sono viola. - si appoggiò al finestrino sovrappensiero.
    Giada non distolse lo sguardo dalla strada, ma Fanny notò lo stupore nella sua voce.
  • Viola? Come Elizabeth Taylor?
    Fanny rise. - Già. - mormorò.
Giada era un'appassionata di cinema e usava spesso film e personaggi famosi come termine di paragone per la vita reale.
La festa si teneva in un loft appena fuori città: la musica era assordante già dall'esterno.
La strada sterrata tutt'intorno all'edificio brulicava di auto parcheggiate e ragazzi già ubriachi; la festa era già in pieno fermento.
Fanny e Giada si accodarono ai ragazzi che si dirigevano verso l'entrata.
L'interno era un gigantesco stanzone privo di arredamento, salvo che per un paio di divanetti su un lato della parete e un lungo tavolo d'acciaio carico di ogni tipo di alcolico in commercio. Dalle casse giungevano ad un volume altissimo le note di “My Kind of Love”.
  • Ben arrivate! - Marco si materializzò accanto a Giada, cingendole il fianco con un braccio e baciandola dolcemente.
    Fanny distolse lo sguardo e notò Leo che gli veniva incontro.
  • Ti devo dieci euro. - urlò in direzione di Giada quando fu abbastanza vicino da farsi sentire.
    Lei sorrise soddisfatta mentre Fanny gli volgeva uno sguardo interrogativo.
  • Abbiamo scommesso che non sarebbe riuscita a portarti qui stasera. - mormorò lui a mo' di risposta.
    Lei lo guadò torva. Leo allargò le braccia in direzione dei ragazzi che smaniavano a tempo di musica. - Andiamo, Fanny. Quando è stata l'ultima volta che hai partecipato ad una festa del genere?
    Mai successo” - mormorò una vocina dentro di lei.
    Leo gettò il bicchiere da cui stava bevendo in un bidone traboccante di bottiglie vuote lì accanto e la prese per mano.
  • Dove andiamo? - chiese lei lasciandosi trascinare verso il centro della stanza.
  • A divertirci!


Roby si stava stappando una bottiglia di birra quando aveva avvertito la presenza di Fanny nel loft. Alzò lo sguardo verso l'entrata e la vide dirigersi verso il tavolo delle bibite insieme a Giada. Sembrava spaesata, mentre si guardava intorno infastidita dalla musica troppo alta.
Dio quanto somigliava a Elisabeth: I riccioli biondi le ricadevano soffici sulle spalle scoperte, le gambe lunghe avvolte da una sexy minigonna dorata. Lo stesso colore dei suoi occhi.
Fece per muoversi nella sua direzione, quando avvertì una sensazione di gelo alle sue spalle.
  • Lilim. - mormorò, senza voltarsi. - E' un piacere vedere che ogni tanto ti concedi una pausa dal lavoro.
    Nonostante il rumore avvertì chiaramente la sua risata cristallina. Rabbrividì.
  • A cosa dobbiamo l'onore della tua piacevole compagnia? - chiese ironico enfatizzando la parola.
Il demone scrutò la folla dall'altra parte della stanza. - Sto solo controllando che Elisabeth svolga bene il suo compito.


Un paio d'ore dopo, Fanny si stava ancora dimenando tra la folla insieme a Leo e – non l'avrebbe mai detto – si stava davvero divertendo. Aveva già buttato giù un paio di bicchieri di una bibita di colore azzurro che non era riuscita ad identificare, quando Giada la raggiunse con quelli che sembravano due margarita.
  • Ti ci voleva proprio un po' di sano divertimento. - esclamò l'amica porgendole il bicchiere.
Sembrava ubriaca; il sorriso ebete stampato sulla faccia mentre si dondolava sulle gambe malferme.
Davvero dava l'impressione di una che non si sapeva divertire?, si chiese Fanny.
Afferrò il bicchiere e lo mandò giù tutto d'un fiato.
Bè, quella sera sarebbe stato diverso.
Giada si avvicinò al suo orecchio. - Ti dispiace se io e Marco andiamo a casa? - la guardò allusiva.
  • Ti riporto a casa io. - intervenne Leo.
Fanny annuì. - Sei sicura di stare bene? - le chiese preoccupata.
  • Mai stata meglio! - la rassicurò lei.
Leo le prese il bicchiere vuoto dalle mani. - Vado a fare il pieno!
Rimasta sola, Fanny si spostò in un angolo, lontano dalla pista da ballo.
  • Ti stai divertendo?
    Sembrava che il suo divertimento quella sera fosse una questione di vitale importanza.
Si voltò e si ritrovò di fronte a Roby. Il cuore le si fermò per un attimo. Dio quanto era bello in jeans e camicia, con i capelli spettinati e gli occhi che brillavano sotto le luci stroboscopiche.
Annuì, incapace di proferire parola.
  • I tuoi amici? - chiese, notando che era sola.
  • Giada se ne è appena andata. E Leo è andato a prendere da bere.
  • Non credi di avere bevuto abbastanza?
Fanny tornò improvvisamente in sé. Chi credeva di essere? Suo padre?
  • Credo che quando vorrò il tuo parere, te lo chiederò. - rispose gelida, poi lo piantò in asso e si allontanò.
    Roby rise tra sé. Bel caratterino. Davvero un bel caratterino.


Fanny stava per raggiungere Leo, quando si sentì le gambe cedere. La nausea arrivò improvvisa. Si portò una mano allo stomaco e corse verso il bagno sperando di trovarlo libero.
Spalancò la porta e si chinò sul water scossa dai conati.
Fine del divertimento”, pensò.
Ancora piegata in due inspirò e trattenne il fiato, poi espirò con forza.
Si rialzò e si diresse verso il lavandino. Fece scorrere l'acqua fredda e ci passò sotto i polsi. Mentre si lavava il viso e la bocca, sentì la porta aprirsi alle sue spalle. Alzò lo sguardo e vide Leo alle sue spalle.
  • Stai bene? - le chiese preoccupato. Teneva in mano un bicchiere.
  • Ora un po' meglio, ma davvero non credo che riuscirò a bere qualcos'altro.
Leo si avvicinò a lei e le scostò un paio di ciocche di capelli che le si erano appiccicate sulla fronte. Fanny rimase immobile. Lui le fece scivolare la mano sul viso.
Cosa cavolo stava facendo!
  • Sei così bella. - sussurò.
    Con un gesto improvviso la sollevò da terra e la mise a sedere sul ripiano del lavandino.
  • Leo... - gli poggiò le mani sul petto e dolcemente tentò di spingerlo via.- Non so cosa ti sia preso, ma davvero non credo che...
  • Rilassati e lasciami fare. - mormorò lui in tutta risposta, mentre le sue mani iniziavano a farsi strada lungo i fianchi.
  • Leo smettila! - Urlò stavolta, spingendolo via con forza. Per poco lui non scivolò sul pavimento bagnato
  • Cosa cazzo ti prende! - le urlò contro.
  • Cosa cazzo prende a me!
Non riusciva a credere che quella fosse la stessa persona che aveva frequentato in quegli ultimi mesi.
  • Ti prego, Leo. Sei ubriaco. - Fanny fece per scendere dal ripiano, sforzandosi di rimanere calma. Dove uscire di lì.
  • Sto benissimo. - rispose lui riavvicinandosi. - E se mi lasci fare, tra un istante starai meglio anche tu.
    La afferrò e la spinse contro lo specchio. Fanny avvertì la superfice gelida contro la schiena nuda, mentre lui le bloccava i polsi e si avvicinava alla sua bocca.
  • Ti prego, no! - lo supplicò, voltando la testa di lato. - Non voglio...
    La porta cigolò e qualcuno irruppe nella stanza. Leo non fece neanche in tempo a lasciarla andare, che Roby era già alle sue spalle. Lo afferrò e lo scaraventò sul pavimento.
  • Cosa diavolo stai facendo! - urlò.
  • E tu di che ti impicci, stronzo! - Leo tentò di rialzarsi, ma Roby si avventò su di lui e gli tirò un pugno, dritto sul naso.
Leo e Fanny si coprirono il viso con le mani nello stesso istante. Fanny per lo shock, Leo per cercare di tamponare il sangue che iniziava a colare copioso sulla bocca e sulla maglietta.
Senza dire una parola, Roby si avvicinò a lei. Le mise una mano sotto l'incavo delle ginocchia e l'altra introno alla schiena e la portò in braccio fuori dal bagno, augurandosi che Leo non fosse così stupido da seguirli.
Fanny si aggrappò al suo collo incapace di parlare.
Mentre si dirigevano fuori dallo stanzone, qualche ragazzo si voltò a guardarli, ma lui marciò senza curarsi di nessuno.
Fanny notò la splendida donna mora vestita di rosso proprio accanto all'uscita.
  • Troppo presto. - mormorò con voce atona.
    Roby le rivolse un'occhiataccia.
    Cosa diavolo voleva dire?”, pensò lei, ma subito rinunciò a formulare qualunque tipo di ipotesi.
    La pareva che la testa stesse per scoppiarle.
  • Dove la tua auto? - chiese lui dolcemente, anche se il suo sguardo era gelido.
Fanny scrollò la testa. Grosso errore. Il martello pneumatico dentro il suo cervello si fece più intenso.
Roby imprecò, poi si diresse verso la sua Audi parcheggiata poco distante.
La adagiò dolcemente su sedile del passeggero, poi prese posto accanto a lei.
Mise in moto e abbassò i finestrini prima di partire.
  • Ti farà bene un po' d'aria
    Fanny avrebbe voluto ringraziarlo, ma dalla sua bocca uscì solo un rantolo soffocato.
  • Non preoccuparti, ti porto a casa.
Ingranò la prima e partì sgommando sulla strada acciottolata lasciandosi una nube di polvere dietro di loro.

4 luglio 2012

CAPITOLO 2


CAPITOLO 2
  • Giada lasciò andare la tendina e si scostò dalla finestra del loro appartamento al primo piano. - I nostri cavalieri ci attendono.
Fanny finì di allacciarsi il cinturino dei sandali col tacco.
  • Sono uomini. Devo abituarsi ad aspettare.
Si diresse di fronte al grande specchio accanto alla porta e si controllò ancora una volta: l’abito bianco le fasciava il seno e i fianchi e si allargava in una gonna che le arrivava al ginocchio. Si tirò indietro una ciocca bionda che le era scappata dallo chignon.
  • Andiamo? – chiese rivolta all’amica.
  • Sei sicura che abbiano aspettato abbastanza? – la prese in giro lei. – Sai, non vorrei che poi si abituassero alla puntualità, non sarebbe una cosa da uomini...
Fanny la spinse verso la porta afferrando la borsetta dall’attaccapanni.
  • Andiamo, scema.
Appena fuori dalla loro abitazione era parcheggiata un'enorme auto nera fiammante.
  • Davvero, non ne avevo mai vista una da vicino! - stava dicendo Marco, l'accompagnatore di Giada, girando intorno all'automobile.
Roby stava per rispondergli qualcosa, ma le vide avvicinarsi e rivolse un gran sorriso ad entrambe. - Buonasera signore!
  • Scusate per l’attesa. – disse Giada. – Non è stata colpa mia. - si affrettò a precisare.
Fanny le lanciò un’occhiata assassina.
Roby aprì lo sportello del passeggero e fece cenno a Fanny di entrare. Lei gli sorrise un po' imbarazzata e si mise a sedere. Lo guardò fare il girò dell'auto per raggiungere il suo posto di guida, mentre Giada e Marco si sistemavano sul sedile posteriore.
Però, niente male!
Ok, Fanny. Socializza, si impose mentalmente.
  • Mi dispiace avervi fatto aspettare. – disse per rompere il ghiaccio.
  • Non preoccuparti, Sono passato a prendere Marco e siamo tornati appena qualche minuto fa.
  • Tornati?
Roby indicò l’edificio dall’altra parte della strada, anch’esso usato come affittacamere per studenti - Abito qui difronte.
Hum? Davvero? Da quando?
Il tragitto fino alla scuola fu breve.
Quando varcarono le porte della palestra della scuola, dove si teneva la festa, rimasero abbagliati: c’erano decine di luci iridescenti, le pareti erano ricoperte da rose bianche e nere e, dal centro del soffitto, pendeva una di quelle palle da discoteca, che  spargeva piccole stelle luminose su tutta la sala.
Gli studenti vagavano e ballavano in un mare di coriandoli bianchi e neri, chiacchierando, ridendo, seguendo la musica che si diffondeva dagli enormi altoparlanti piazzati strategicamente per la palestra.
Fanny trattenne a stento un sorriso compiaciuto. Aveva fatto proprio un ottimo lavoro.
  • Andiamo a prenderci da bere? – Roby, fece per prenderla sottobraccio, ma quando si toccarono, entrambi si ritirarono di scatto.
    Fu una strana sensazione. Nel punto esatto dove la mano di lui le aveva sfiorato il braccio, Fanny avvertì come una scossa elettrica e una sensazione di calore le salì lungo la spalla. Ebbe un capogiro.
Roby la sostenne. - Che succede? - chiese, facendo finta di nulla.
  • Niente. - si affrettò a rispondere. - Credo che prima di bere, mangerò qualcosa.
    Fanny alzò gli occhi. Lui la stava fissando.
    Che colore avevano i suoi occhi? Erano di una strana tonalità di blu. Anzi no, erano... viola?
    No, dovevano essere le luci.
    Su un lato della sala era allestito il buffet: un lungo tavolo ricoperto da una tovaglia nera su cui sfilavano decine di piatti da portata e bibite varie.
    Fanny afferrò un paio di tartine mentre Roby versava due bicchieri di ponche. Giada e Marco si erano già buttati in pista. Fanny fece finta di non vederla, mentre le faceva cenno di seguirla in mezzo alla cerchia di ragazzi che si muovevano a tempo di musica.
  • Piatto ricco, mi ci ficco!
Fanny non ebbe nemmeno bisogno di alzare la testa, per sapere chi aveva portato via dal suo piatto una delle sue tartine.
  • Leo.... eppure il buffet è tanto fornito!
    In tutta risposta, lui addentò la tartina. - Già, ma mi piaceva proprio questa qui!
    Inutile ribattere. Sapeva che ne avrebbe ricavato solo un'altra risposta stupida.
    - Ti presento Leonardo... - disse, quando Roby si avvicinò.
  • Il suo migliore amico! - intervenne lui. Non gli allungò la mano, non sarebbe stato da lui. Invece fece un mezzo inchino.
    Roby, lo guardò interdetto per un attimo. - Piacere di conoscerti.
  • Bene, bene, bene... io vado a consolare qualche fanciulla senza accompagnatore. Ci vediamo in giro!
Fanny sorrise. Che stupido che era.
Ma poi tornò alla realtà: Roby era di fronte a lei e le porgeva il bicchiere.
Quando Fanny lo prese, lui alzò il suo.
  • Brindiamo?
  • A cosa? - chiese lei
    Roby la guardò negli occhi e lei sentì che stava arrossendo. - All'inizio.
Fanny continuava a tenere il bicchiere tra le mani. - L'inizio... di cosa?
Lui le sorrise. - Tutto inizia adesso. - disse solo.
Fanny non capì, eppure non poté fare a meno di avvicinare il bicchiere a quello di lui; come guidata da qualcosa di più forte del suo volere, anche lei posò gli occhi su quelli di lui e, per un attimo, rimasero a guardarsi.
Quando i bicchieri si toccarono, il braccialetto al suo polso emise un leggero tintinnio.
La magia sembrò rompersi.
  • Cos'è quello?
  • Una cosa stupida. - si affrettò a rispondere lei. - Me lo hanno regalato i miei genitori da bambina. Si chiama “Richiamo degli Angeli”.
Roby guardò il gioiello. Non aveva mai visto niente del genere, né provato una sensazione così strana.
Il bracciale si avvolgeva attorno al suo polso per tre volte e terminava con un piccolo campanellino racchiuso in uno scrigno d'argento.
  • Si dice che il suono del campanello riesca a richiamare il tuo... - Fanny si sentì tremendamente stupida.
  • ...Angelo – fu lui a terminare la frase.
    Fanny rialzò gli occhi dal bracciale e lo guardò sorpresa. - Conosci la leggenda?
  • Ora sì.
D'un tratto la musica si interruppe. Sul piccolo palcoscenico allestito in fondo alla sala salirono un paio di ragazze. Una indossava un tubino nero, l'altra un lungo abito da sera bianco.
La ragazza vestita di bianco afferrò il microfono al centro del palco. - Buonasera, ragazzi e ragazze. Spero vi stiate divertendo?
Dalla sala si levò un grido di assenso.
    La ragazza continuò a parlare al microfono. - Per seguire la tradizione, stasera saranno eletti il re e la reginetta del Ballo!
    Quasi tutte le ragazze emisero dei gridolini di gioia
La ragazza vestita di nero porse alla collega una busta sigillata.
  • Quindi non perdiamo tempo. La reginetta del Ballo di questo anno accademico è... - la ragazza aprì la busta e fece una pausa ad effetto. Il suo viso non riuscì a mascherare un'espressione meravigliata mentre leggeva i nomi sulla busta. - Bene, la premiazione richiede una piccola precisazione.
Tutti gli studenti ora erano attentissimi.
Lei prese a leggere la busta. - Il Consiglio d'Istituto ha deciso di eleggere a re e reginetta una coppia che non era tra i candidati: vogliamo premiare la sua costanza negli studi, l'aiuto nell'organizzazione in ogni evento scolastico... - Fanny iniziò ad avere un brutto presentimento. - ...la celebrità portata a questa scuola, per tutti i premi conseguiti in questi anni e soprattutto l'orgoglio, di cui ci ha riempiti tutti. Siamo onorati di aver avuto una studentessa così degna di merito. - Fanny iniziò a sudare freddo. Non stava succedendo davvero. - E per questo che siamo lieti di annunciare che la reginetta e il re di quest'anno sono... Fanny Rimes e il suo accompagnatore Robert Davis!
Tutti nella sala cominciarono a battere le mani. Fanny si sentì mancare. Ogni sguardo era rivolto verso di loro.
La ragazza davanti al microfono applaudiva con ancora la busta tra mani, producendo un serie di strani schiocchi che rimbombarono per la palestra.
Il suo cuore seguiva il tempo.
Tum tum tum.
Perché le stavano facendo questo?
  • Fanny? Roby? Vi dispiacerebbe venire qui per l'incoronazione?
Roby le prese il gomito e iniziò a spingerla dolcemente verso il palco.
    Fanny non sapeva se essergli grata per l'aiuto, o se puntare i piedi e mettersi a urlare per l'assurda situazione in cui si era trovata.
    Optò per la prima e sussurrò un grazie al suo cavaliere, mentre il cuore riprendeva a pulsare normalmente e il viso riacquistava colore.
Sul palco vennero consegnate le corone, poi una musica partì dagli altoparlanti.
  • Coraggio... . La voce risuonò ancora una volta nel microfono. - ...questo ballo è vostro!
    Mentre nella sala si diffondevano le note di “the way you look tonight”, Roby le strinse le mani intorno alla vita.
    Mentre prendeva in seria considerazione l'idea di darsela a gambe, Fanny si guardò intorno: tutti erano scivolati tra le braccia dei proprio partner; riuscì anche a intravedere Giada, aggrappata a Marco, in un angolo dall'altra parte della palestra.
Lentamente cominciò a rilassarsi.
Era solo un ballo. Uno solo. E poi sarebbe tornata a casa.
Quando Roby la strinse più forte, avvertì di nuovo quella sensazione: una scossa elettrica le scese lungo la schiena, mentre un'ondata di calore le si diffondeva per tutto il corpo. Senza volerlo si ritrovò di nuovo a guardarlo negli occhi.
Ora ne era certa. I suoi occhi erano viola. Non aveva mai visto niente del genere. Non riusciva a distogliere lo sguardo. Lo vide sorridere, lo vide sussurrare qualcosa, anche se non riuscì a cogliere le parole. Anche la musica era svanita.
Poi lo vide avvicinarsi, come in una scena a rallentatore.
E poi di nuovo tutto svanì.
Il corpo tornò a una temperatura normale, le orecchie ripresero la loro funzione principale, il cervello si ridestò, come se durante quei secondi fosse stato in standby.
Si scostò bruscamente. Ora le mani di lui sulla sua schiena erano gelide e il suo sorriso era svanito.
  • Credo che tornerò a casa. - annunciò a fatica.
Lui non rispose.
  • Chiamo un taxi. - precisò.
Lui non si oppose mentre lei si staccava da lui e si allontanava dalla pista.
Roby la guardò farsi largo tra le coppie avvinghiate, poi li abbassò sulle sua mani. Sul viso un'espressione di sconcerto. - Non funziona. - mormorò.

22 giugno 2012

CAPITOLO 1


-         Secondo te è meglio l’abito bianco o quello nero?
Fanny alzò lo sguardo sull’amica che le stava mostrando lo stesso abito in due tonalità differenti.
-         Uhm, fa lo stesso. – rispose annoiata.
Giada accostò l’abito bianco al suo corpo mentre si rimirava d’avanti allo specchio. – Questo mi piace da morire, ma secondo me il bianco mi ingrassa. Vuoi provarlo tu? – chiese allungandolo verso di lei.
Fanny lanciò un’occhiata al prezzo sul cartellino.
-         Stai scherzando?! Credi che spenderò tutti questi soldi per andare a una festa di cui non mi interessa niente con un ragazzo di cui mi interessa ancora meno?
-         Sì, lo credo. – Sally le piazzò in mano il vestito. – perchè, a meno che tu non ti dia malata, e ti ucciderei se lo facessi, a quella festa dovrai venirci. Quindi tanto vale essere carine. E a te il bianco sta da Dio.
Fanny si diresse riluttante verso il camerino. – Almeno la facciamo finita con questa soria – tagliò corto.
Venti minuti dopo stava pagando alla cassiera  una cifra pari all’affitto del loro appartamento.
-         Dai, Fanny. Non è mica la fine del mondo! – Giada tentò di minimizzare.
-         Stupido, stupidissimo ballo. – mormorò lei in tutta risposta, mentre uscivano dal negozio.
Di lì a qualche settimana ci sarebbe stato il diploma e lei, come Rappresentante d’Istituto, aveva proposto di organizzare una “Festa in bianco e nero” ispirata ai balli di fine anno americani.
Peccato che, nel pieno dei preparativi, il Consiglio d’Istituto l’aveva informata che, da brava Rappresentante, avrebbe  fatto da accompagnatrice al nuovo studente straniero che si era trasferito da poco nella loro scuola che (strano ma vero!) nonostante il suo spiccato fascino, non era riuscito a trovare una ragazza. Il Consiglio aveva pensato che mandarlo da solo sarebbe stato sconveniente e che il ragazzo avrebbe potuto sentirsi emarginato... e lei ci aveva rimesso.
In realtà, molto probabilmente, anche lei ci sarebbe andata da sola. Giada era stata invitata da un ragazzo di un altra sezione, mentre a lei, nessuno l’aveva chiesto.
A diciannove anni, Fanny aveva avuto ben poca esperienza con l’altro sesso. Seppure dotata di una particolare bellezza, i ragazzi tendevano ad evitarla; forse per la sua intelligenza - era la migliore della scuola, parlava perfettamente tre lingue, e  aveva un QI decisamente sopra la media – o forse semplicemente perchè non le interessavano le stesse cose che piacevano ai suoi coetanei. Non amava le feste, nè le discoteche nè tantomento lo shopping. Anche perchè non aveva mai potuto permetterseli.
I suoi genitori erano morti in un incidente d’auto quando aveva dodici anni e lei era cresciuta in una casa-famiglia. Lì aveva conosciuto Giada, che si trovava lì da molti anni perchè figlia di una eroinomane più volte arresta per furto e prostituzione.
Raggiunta la maggiore età le due avevano affitato due camere dello stesso appartamento e si erano trovate un lavoro serale per potersi mantenere gli studi.
Quando arrivarono a casa Fanny si chiuse in camera sua e tirò fuori l’abito dal sacchetto.
-         Stupido, stupidissimo ballo. – ripetè tra sè e sè. – E stupidissimo Roby!
A cosa diavolo servivano quel sorriso perfetto, quegli occhi profondi con le ciglia lunghe e quel fisico da urlo che si ritrovava se poi...non era capace nemmeno di trovarsi una donna da solo!   

11 giugno 2012

PROLOGO

Nella sala regnava un fastidioso brusio di voci scomposte. Quando il grande portone si spalancò, tutti si voltarono a guardare da quella parte. Apparve una donna,vestita di bianco. Il viso bellissimo, lo sguardo alto e fiero. Dalle sue spalle spuntava un enorme paio di ali dorate. Accanto a lei una guardia. Il volto imbarazzato, mentre la scortava; quella era una delle Sorelle, e mai era accaduto che una di loro venisse convocata per un udienza disciplinare nel Gran Tribunale di Mezzo.
L'angelo si fermò un attimo a guardarsi intorno. La sala, interamente di un bianco candido, era perfettamente circolare, e tutt'intorno alle pareti correvano delle panche per gli spettatori. Decine di uomini e donne erano voltati verso di lei. Alcuni facevano commenti sul suo conto con chi gli stava accanto, altri si limitavano invece a rivolgerle occhiate severe.
Attraversò l'intera sala sotto quegli sguardi accusatori, finché non si ritrovò davanti a quattro alti troni dorati. Sì udì un lieve fruscio, e lì si materializzarono tre donne; una era vestita di bianco, proprio come lei. Le altre, indossavano abiti neri e sulle loro schiene spiccavano enormi ali purpuree. Uno dei posti era vuoto. Il suo.
Nel Tribunale di Mezzo presenziavano entrambe le Specie. L'accusato veniva giudicato da entrambe le parti ed insieme, queste ultime, sceglievano la punizione da infliggere.
Sulla sala calò il silenzio. La donna alzò lo sguardo verso sua Sorella.
- Faith... - mormorò.
Lei evitò il suo sguardo. Il suo volto era duro, anche se gli occhi tradivano la sua tristezza. 
- Elisabeth... - esordì Bella, uno dei demoni,. - Sei stata convocata qui perché hai infranto una delle Leggi Originali. Hai stretto una relazione con un appartenente all'Altra Specie ed inoltre... aspetti un bambino da lui.
Dalla folla si levò un mormorio di stupore e disapprovazione.
Janet, l'altro demone al suo fianco prese la parola.
- La nostra specie ha deciso che non possiamo permettere che questo bambino nasca. - dichiarò.
Elisabeth avvertì un fitta al petto e vacillò, aggrappandosi alla guardia accanto a lei per non cadere.
- Voi... voi non potete permetterglielo! – alzò lo sguardo verso la Sorella. 
Faith chiuse gli occhi e rimase immobile per qualche secondo. Elisabeth vide Bella fare lo stesso. Stavano comunicando telepaticamente.
- Ci sarebbe un'altra possibilità. - Finalmente Faith parlò. - Il bambino crescerà sulla Terra, con una famiglia umana.
- Ma sarà un angelo o un... – la voce le si spezzò, incapace di proseguire.
- Possiederà dentro di sé entrambe le parti. Faremo in modo che nella sua vita entrino a far parte un Angelo e un Demone. La sua scelta farà sì che la sua vera essenza si riveli. 
Elisabeth chinò il capo.
- Cosa vogliono in cambio?
- Un Passaggio. - 
Il Passaggio prevedeva che i componenti di una Specie, per redimersi da una colpa, servissero i capi della Specie opposta per un periodo di tempo, a seconda della pena da scontare.
- Quanto tempo? - chiese Elisabeth.
- 1000 anni. - Sentenziò Bella
A Elisabeth mancò il respiro. Nella sala riprese il fastidioso mormorio concitato.
Mai si era vista pena tanto lunga, ma quella era una delle Leggi Originali. Leggi che MAI dovevano essere infrante.
Un angelo e un demone. Opposti per natura. Eppure non erano riusciti ad evitarlo. Lui era stato condannato quella mattina dalla sua specie. Non le era concesso conoscere la sua punizione. Ma i demoni non erano certo famosi per la loro attitudine a rispettare le regole. Di certo erano stati più clementi.
1000 anni. Il solo pensiero di quello che le avrebbero costretta a fare la rivoltava.
Ma il suo bambino doveva vivere.
- Accetto il Passaggio. - sussurrò Elisabeth.
- Sorella... - la voce di Faith in una supplica sommessa.
- Accetto il Passaggio. - ripeté lei, stavolta guardandola negli occhi.
Avvertì una scossa lungo la spina dorsale.
- Elisabeth. sii forte... - la voce dentro la sua testa. Faith stava usando la telepatia. - Io la proteggerò, Sorella.
Elisabeth chinò il capo in un inchino quasi impercettibile. Il suo modo di dirle grazie.
L'angelo bianco riprese il suo tono risoluto.
- Così sia!

26 maggio 2012

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